SALGEMMA

Si tratta di un cloruro di sodio sotto forma di cristalli cubici arrotondati al margine, di colore biancastro.

I depositi di salgemma si sono formati circa 6 milioni di anni fa (Miocene superiore), come residui di acque marine e si trova in formazioni di argilla in lenti discostate e sovrapposte una sull'altra, con uno spessore fino a 20-30 metri, a una profondità che può variare da 50 a 1500 metri.

Il sale è facilmente solubile in acqua, tende a sfaldarsi facilmente e viene usato per uso alimentare per conferire sapidità alle pietanze. Nell'industria chimica è utilizzato per la preparazione della soda, l'acido cloridrico ecc.

IL SALE DI VOLTERRA

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Le 'Moje'.

Fin dal medioevo nel territorio solcato dal fiume Cecina compreso tra San Lorenzo, Saline, Montegemoli, Querceto e Ponteginori, affioravano sorgenti di acqua salata chiamate ''moje'', una parola proveniente dal latino 'muria', che significava 'acqua salsa'.

Si pensa che le moje fossero già conosciute e sfruttate già in epoca etrusca, anche se le prime testimonianze scritte, risalgono ai Romani, quando gli storici Plinio e Galeno, descrissero nelle loro opere le potenzialità delle Saline di Volterra, considerando quei depositi di salgemma, i più vasti d'Italia.

Si racconta che l'imperatore Ottone II° nel 980, dopo la scoperta dei giacimenti saliferi di Halle in Sassonia, si fosse rivolto ai maestri salinari volterrani per imparare la tecnica della lavorazione del sale.

In quegli anni le Moje appartenevano al Vescovo di Volterra, quando la città era considerata il più importante centro per il commercio del sale in Toscana; riaccendendo così l'eterna lotta tra Comune e Vescovi per aggiudicarsi i diritti doganali

Nel 1472 la strada che collegava Volterra alla Val d'Elsa, chiamata 'Via del Sale' era considerata uno degli assi commerciali più importanti del granducato, ma nello stesso anno la sanguinosa ''guerra dell'allume'' vide Volterra sottomessa al Comune di Firenze. Malgrado i pesantissimi oneri imposti dai Medici, le saline vennero restituite ai Volterrani per permettere ai maestri salinatori specializzati, una proficua produzione di sale.

I pozzi scavati erano rafforzati e rivestiti in legno; la salamoia veniva messa in grandi caldaie di piombo, alimentate con fascine di legna, tutta proveniente dai boschi di Berignone, per un consumo di circa 100 some al giorno. L'acqua scaldandosi evaporava, lasciando cristallizzazioni di sale, che successivamente venivano prelevate con grandi rastrelli e stese su ampie tavole per la fase di scolature e asciugatura.

Nel 1636 la gestione del sale, era regolamentata da un trattato tra Comune e Granduca, che prevedeva che Volterra dovesse consegnare al Governo granducale ben 180mila kg di sale, come affitto delle saline nonché vendere, allo stesso Granduca, tutto il sale prodotto.

Il sale, stagionato per circa 4 mesi nei 21 magazzini esistenti, era trasportato a Empoli per essere distribuito in tutta la Toscana.

Ma l'importante svolta verso una più innovativa produzione industriale, si ebbe nel 1787, quando il Granduca Pietro Leopoldo II° di Lorena, ebbe l'idea di strutturare la salina come un vero e proprio complesso industriale, con moderni impianti per l'estrazione e la lavorazione del sale, decretando la nascita del paese che ancora oggi viene chiamato 'Saline di Volterra'.

Il nuovo stabilimento detto ''Fabbriche leopoldine'', ''Moje nuove'', o ''Moje San Leopoldo'' venne inaugurato il 22 marzo del 1790 e vantava una vera e propria lavorazione a livello industriale, che vide convogliare nelle saline le acque di 6 pozzi.

salina 004(In piazza della Salina, sulla palazzina costruita dall'architetto Filippo Grobert per volere del Granduca Leopoldo II°, tra il 1787 e il 1790, sono ancora visibili tre targhe commemorative).

Ogni pozzo portava il nome di un santo e ogni moja aveva una fornace a 2 caldaie, a cui si dedicavano fino a 6 salinatori con mansioni diverse, coadiuvati dall'aiuto di 15-16 muli per il trasporto della legna e successivamente del sale. Le caldaie venivano riempite ben 7 volte al giorno e le persone addette alternavano la loro presenza, senza interruzioni.

In ogni caldaia erano immessi 5 sacchi di salamoia per ottenere 6 secchi di sale, che potevano variare secondo la salinità del pozzo e l'esperienza dell'addetto ''cuocitore''. Una volta al giorno, le caldaie erano pulite e liberate dalla ''gruma'', che non era altro che sale grosso, ritenuto allora di scarso valore che veniva lasciato ai cuocitori. Una ''lavandaia'' aveva il compito del lavaggio e dell'asciugatura dei sacchi di tela nei quali il sale veniva giornalmente consegnato a Volterra. Le caldaie necessitavano di sostituzione con una frequenza di circa 3 mesi.

 

Un interessante documento riporta la personale descrizione che lo stesso Granduca Leopoldo II° fece sulle strutture produttive di quell'epoca.

<<<......Le Saline, ossia le moje del sale consistono in 5 pozzi di acqua salata da ognuno de' quali si ricava colle burbere, 500 secchioni d'acqua ogni 24 ore, la quale acqua va per certi canali in una vasca di dove per altri canali va nelle 8 caldaie dove si fa il sale. Queste sono riunite sotto un medesimo capannone e sono di piombo; il fuoco vi è sotto giorno e notte continuamente tutto l'anno fuori che le pasque; ogni 3 ore con certi rastrelli di legno si tira fuori il sale dalla caldaia e si rimette poi della nuova acqua. A ogni caldaia sono 3 uomini. Vi si consumano 100 some di legne il giorno per il fuoco ed intorno alle moje vi è un riserro di 5 miglia di cui tutti i legnami sono addetti al servizio delle moje. Ogni 3 mesi si rifanno le caldaie di piombo; vi è una gran forma di pietra per le medesime. Sopra a questa si butta il piombo e si strugge e piglia la forma della caldaia. A misura che il sale si cava dalla caldaia e che è prosciugato, si manda subito in secchi nei magazzini di Volterra.....>>>

Nel 1808, con l'avvento del ''Governo Napoleonico'', le Saline passarono alla ''Regia Imperiale dei Sali e dei Tabacchi'', fino al ritorno del Granduca nel 1816, per passare successivamente allo Stato Italiano, dopo l'Unità d'Italia.

Con le ''Fabbriche Leopoldine'', nel 1833 l'abitato di Saline contava 336 abitanti, di cui ben 200 erano dipendenti della Salina e dal 1863, con la costruzione della ferrovia Saline-Cecina, il trasporto del sale venne dirottato su rotaia.

Un innovativo impianto ''a pressione ridotta'', contribuì notevolmente, nel 1929, ad incrementare la produzione di sale, che passò da 200 a 600 mila quintali annui, anche se purtroppo nell'agosto del 1944, le Saline furono totalmente distrutte, durante le fasi di ritirata dei soldati tedeschi.

salina 009 Oggi la Salina, privatizzata fin dagli anni '90, produce circa 150.000 tonnellate annue di sale ricristallizzato, con una purezza pari al 99,99% e senza dubbio è considerato ''il sale più puro d'Italia'', proveniente da risorse di salgemma, praticamente quasi inesauribili.

Ogni anno lo stabilimento della Salina, attualmente di proprietà del gruppo Locatelli, apre le porte ai visitatori. I proprietari stessi, durante la visita ci accompagnano all'interno delle strutture illustrandone i particolari e intrattenendoci piacevolmente con aneddoti e curiosità della storia della Salina e del suo prezioso sale. La visita si conclude nei locali di un enorme magazzino, (notevole opera architettonica dell'architetto Nervi), dove un'incredibile cascata di sale, detta ''Cascata dell'Angelo'' precipita dall'alto del soffitto, in cui scorrono i nastri trasportatori che distribuiscono il prodotto nei silos di raccolta. L'enorme quantità di sale si deposita con un leggero fruscio sul pavimento del magazzino....e non solo, perché di ritorno dall'interessante e coinvolgente visita, ci accorgeremo che la nostra pelle e i nostri abiti, sono completamente salati!

 

 

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Notizie tratte:

''Storia delle Saline di Volterra – IIS Carducci

''Itinerari scientifici toscani (Brunelleschi.I MSS.FI.IT)

''Saline di Volterra:Istituto e Museo di Storia della Scienza''