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Il piccolo paese di San Dalmazio si trova sul lato meridionale di un poggio lambito dai torrenti Possera e Pavone.
Il borgo venne fondato nell’XI° secolo intorno a un monastero di monache benedettine dedicato a San Dalmazio. Fu infatti  Ildebrando V° Aldobrandeschi, detto il Mancino, allora proprietario della Rocca Sillana, che fece edificare il monastero proprio perché sua figlia Abigaille, potesse trovare protezione tra quelle mura, al sicuro dalle scorribande dei capitani di ventura. Esternamente  all’abitato, venne anche costruita una chiesa in stile romanico, dedicata al santo, attribuita a Bartolomeo Ammannati. Tuttora ben conservata col suo campanile ottocentesco, la chiesetta custodisce al suo interno un pregevole tabernacolo del 1400, della scuola di Luca della Robbia, scultore, orafo e ceramista fiorentino, famoso per la tecnica della ”terracotta invetriata” che con la sua lucentezza, regalava alle sue opere una suggestiva forza espressiva. L’opera fu donata dalle monache nel 1447 alla Chiesa di San Dalmazio, per lo scampato pericolo del saccheggio da parte dell’esercito del re Alfonso d’Aragona. Nella parte superiore del borgo è presente l'oratorio della Compagnia della Carità e i resti di quello intitolato a San Donnino, di cui è visibile solo una piccola torre campanaria. Si narra che S. Donnino, allora medico del borgo di S.Dalmazio, riuscisse a guarire dall'idrofobia, ponendo un chiodo arroventato direttamente sulla ferita provocata dall'animale rabbioso. La tradizione popolare racconta che il santo stesso, prima della sua morte, abbia voluto donare il chiodo miracoloso agli abitanti del paese, che in seguito posero  nell'oratorio a lui intitolato.

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La struttura urbanistica del paese è tuttora ben conservata con caratteristiche viuzze che collegano le abitazioni tramite scalette, rampe e sottopassaggi caratteristici. Si vedono ancora alcune parti delle mura del perimetro esterno, inglobate nelle abitazioni, con una porta di accesso.
Nella piazzetta del paese, sulla facciata di un vecchio edificio, spicca un bassorilievo in pietra serena raffigurante un vitello, denominato “Bestia di San Dalmazio”. Questa scultura di epoca arcaica potrebbe giungere dalle primitive popolazioni italiche (italos=vitello), o più semplicemente potrebbe trattarsi di un’indicazione medievale dell’esistenza di una stalla, o magari questo bassorilievo potrebbe provenire da un’altra costruzione, giacché tanto materiale utilizzato per la costruzione delle case di San Dalmazio, è stato prelevato dalla Rocca Sillana e dalla vicina Pieve San Giovanni.
Nella sua storia, San Dalmazio fu più volte saccheggiato. Successivamente un incendio distrusse il monastero, le monache si ritirarono a Volterra, in via San Lino e del monastero non rimase più traccia.  Dopo secoli di aspre contese legate anche alla Rocca Sillana e alla Pieve San Giovanni, nel 1776 il piccolo Comune di San Dalmazio, venne soppresso, per passare come frazione, sotto quello di Pomarance.

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Nella storia dell’Unità d’Italia, San Dalmazio ebbe un piccolo ma importante ruolo, ospitando nel 1849 il generale Giuseppe Garibaldi, durante una delle rocambolesche tappe per sfuggire agli austriaci, in seguito alla capitolazione della Repubblica Romana. Con l’aiuto di tanti  valorosi patrioti, Garibaldi giunse a San Dalmazio, insieme al capitano Leggero, ospite di Camillo Serafini, che lo nascose per quattro giorni, dal 28 agosto, all’1 settembre, infine lo accompagnò personalmente con i suoi cavalli, fino all’imbarco della Maremma, alla volta della Liguria.

Altra piccola curiosità che impreziosisce il piccolo paese, è una collezione di minerali , prevalentemente reperiti nella zona e una raccolta di giocattoli d’epoca, concesse dal sig Giuliano Ghilli, alla Pubblica Assistenza di San Dalmazio, che ha provveduto ad allestire un piccolo museo, inaugurato nell’agosto 2010.  Il museo è visitabile su richiesta al ristorante “La Rocca”. L’ingresso è gratuito, ma sono gradite offerte libere, per il mantenimento della struttura.

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San Dalmazio