IL MASSO DI MANDRINGA

mandringa disegnoIn alcuni documenti risalenti al XIII° secolo la Fonte di Mandringa veniva chiamata Grimaldinga, riferito alla famiglia Grimaldi, attestata in Volterra in quel periodo e fu costruita al di fuori delle mura etrusche, presso una porta ormai scomparsa. La struttura che circonda la fonte è costituita da un unico arco in pietra di costruzione medievale risalente al 1251. L’acqua proviene dall’apertura di un grande masso sovrastante e tramite un cunicolo viene raccolta in un bacino poco profondo. Intorno a questo posto sconosciuto ai più, sono nate varie leggende che parlano di demoni e streghe, tra cui una raccontata nel volume  “Volterra magica e misteriosa” di F.Porretti.

 

<Se fu facile per san Barbato abbattere il secolare noce di Benevento e disperdere così le migliaia di streghe che vi si davano convegno, le difficoltà che avrebbe incontrato a Volterra sarebbero state tanto sovrumane da fargli perdere la speranza di poter sfrattare la Mandringa e le malefiche allieve di Satana che schiamazzando vi si radunavano la notte del sabato. Un conto fu tagliare l’albero, per quanto maestoso e costruire sulle sue radici una chiesa, un altro conto invece sarebbe stato distruggere quell’enorme masso che si staglia possente verso il cielo, sulla strada di Badia, avvolto nell’edera, nei rovi e nella madreselva.>

 

Ai piedi  di un ammasso roccioso, sotto l’arco duecentesco, sgorga da sempre un’acqua limpida e pura, ritenuta in un tempo la migliore della città e il poeta D'Annunzio nella sua opera "Forse che sì, forse che no", così descriveva:   “Chi sciacqua le lenzuola alla Docciola…… convien che l’acqua attinga alla Mandringa”.

 

<<<<Attorno al masso, di giorno, era tutto un vai e vieni di donne e ragazzi, un continuo ciarlare spensierato che accompagnava la lunga teoria di brocche e mezzine di rame assetate di quell’acqua fresca e gorgogliante. Ma di notte, il sabato notte, poco prima che l’orologio di piazza scandisse la fine di un altro giorno, un fruscio lento e rabbrividente penetrava l’aria già greve e pregna di zolfo, seguito da un brusio  che sempre  più marcato e intenso faceva da macabro preludio alla vorticosa danza delle streghe. Le donne ed i ragazzi ascoltavano terrorizzati nel dormiveglia le voci stridule e sghignazzanti delle streghe e, quando il lugubre  stridio della civetta e il lamentoso miagolio dei gatti annunciavano l’arrivo delle entità malvagie, neppure gli uomini avevano il coraggio di uscire di casa.

Sull’orlo delle Balze un’altra notte di tregenda si stava consumando in onore del Principe delle Tenebre, ai piedi delle antiche mura  fra il sacro tempio dei Patroni e il diruto cenobio dei Camaldolesi. >>>>