Dall’Abetone al Lago Nero

 attraversando vette rocciose e antichi passi dell’Appennino

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Data: 23/08/2023
Verificato il: --/--/----
Difficoltà: EE
Distanza percorsa: 14,2km 
Salita accumulata: 1010 m
Discesa accumulata: 1010 m 
Altitudine massima: 1920 m
Altitudine minima: 1326 m 
Pendenza max: 51%
Pendenza media: 49 % 
Altitudine P.: 1380 m A.: 1380 m
Durata: 4:30  + soste
Note: Niente da segnalare.
Indicazioni stradali per il punto di partenza dell'escursione   

Coordinate punto di partenza
44° 8'36.34"N 10°39'58.80"E

Attrezzatura consigliata

scarponi1

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cane guinzaglio

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DESCRIZIONE

Appena giunti in località Abetone (1388 m), dopo aver posteggiato la nostra auto, ci incamminiamo subito sul sentiero ‘00’ , detto anche ‘Alta Via dei Parchi’, che attraversando un’ombrosa faggeta ci indirizza verso il Rifugio Selletta, a quota 1711 m, dove giunge un tratto di funivia proveniente dall’Abetone.
Da qui sarà possibile ammirare il panorama sugli immensi boschi della valle del Sestaione, che prende il nome dall’omonimo torrente che la attraversa, lungo poco più di 10 km, affluente della Lima.

Il toponimo di ‘Abetone’ deriva dal ricordo di un grandissimo abete, tanto grande che poteva essere abbracciato da 6 persone a braccia tese! L’enorme pianta venne abbattuta nel 1732 per far spazio alla settecentesca ‘Strada Modenese’, voluta dal Granduca di Toscana, che avrebbe collegato Pistoia con l’Emilia Romagna. Prima di allora l’Abetone, si chiamava ‘Boscolungo’.

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Continuiamo ancora salendo in direzione del Monte Gomito (1891m), spartiacque dell’Appennino che separa l’Emilia dalla Toscana, dove iniziamo a notare la tipica flora della montagna e le numerose piante di ‘Carlina’ che sembrano ingentilire il paesaggio, che da questo punto comincia a farsi sempre più aspro. Proseguiamo infatti verso nord per raggiungere il Passo della Fariola (1894m) che si affaccia su alcuni impianti di risalita e continuiamo fino ad affrontare l’ardito passaggio del ‘Dente della Vecchia’ (1841m).

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Sicuramente questo sarà il punto meno facile di tutto il nostro itinerario che, anche se solo per pochi metri, prevede un passaggio molto esposto su un crinale stretto e aguzzo, in parte supportato da un cavetto di acciaio.
Per i meno esperti, sarà invece possibile proseguire dal Passo della Fariola, deviando su un sentiero che passa a sx rispetto al crinale più esposto, in modo da evitare l’ardito passaggio del Dente della Vecchia e consentire un più facile accesso verso l’Alpe delle Tre Potenze.
Intorno la zona è ricca di ‘vaccinieti’ che ci mostrano i loro mirtilli maturi, con la presenza di conifere striscianti come il Pino mugo e piccoli Ginepri che spuntano tra le brughiere.

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In alcune mappe il toponimo del rilievo e il relativo passo, viene anche riportato come ‘Denti della Vecchia’ per le caratteristiche sgretolature della roccia che ricordano i denti consumati dei vecchi.
Si dice che da qui, nel 217 a.C. durante la II^ guerra punica sarebbe transitato, dopo aver attraversato un altro valico che ancor oggi porta il suo nome, il condottiero cartaginese Annibale, proveniente dalla Pianura Padana col suo esercito di 50.000 uomini, in direzione della pianura pistoiese.
Ma in questo valico, dal 1600 al 1700 passava anche la storica ‘Via dei remi’, un sicuro passaggio di tronchi di faggio e di abete rosso, destinati alla costruzione dei remi e del fasciame delle navi del Granducato di Toscana, costretti ad evitare il più comodo transito attraverso l’allora nemico Ducato di Lucca. Il legname reperito, veniva portato faticosamente verso il Lago Nero, nella vallata del Sestaione, per attraversare la Valle delle Pozze (oggi Val di Luce), fino al Lago Piatto e al Passo di Annibale, per raggiungere la Garfagnana a dorso di mulo. Qui veniva disposto su zattere lasciate fluttuare libere nella corrente del Serchio fino al mare, per giungere poi in prossimità dell’Arno, dove venivano trainate da barconi in direzione dell’Arsenale Navale di Pisa.

Dopo aver superato la cima del Dente della Vecchia si prosegue, attraverso spettacolari panorami, per raggiungere il Lago Piatto e saliamo in cresta in direzione ‘Alpe Tre Potenze’ a quota 1940m, dove nelle giornate più limpide, si mostrano panorami a 360° fino a intravedere le Apuane col Monte Forato, il litorale toscano e la Corsica.

Sul lato opposto si scorgono invece le cime più alte dell’Appennino Tosco-Emiliano, come il Monte Cimone, il Giovo, il Rondinaio, il Prado ecc. e più in basso il cupo specchio del Lago Nero e il Lago Piatto, nel lato più settentrionale.

L’origine del nome dell’Alpe delle Tre Potenze risale all’epoca granducale, quando sulla vetta si intersecavano i confini del Granducato di Toscana, il Ducato di Lucca e quello di Modena, delimitati da cippi di pietra che ne segnavano il confine e che ancora oggi sfidano il passare del tempo sulle cime dei rilievi più importanti.

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Continuiamo nel nostro cammino che ci farà raggiungere il Lago Piatto e il Lago Nero, ritenuti veri e importanti gioielli della natura e della biodiversità, entrambi di origine glaciale, formati in seguito al movimento di un antico ghiacciaio, lontano milioni di anni fa.
Costeggiando la montagna delle ‘Tre Potenze’, anche se interrotta dalla presenza di una seggiovia, ci segue la piacevole visuale sul Lago Piatto (1823 m), uno dei più alti dell’Appennino settentrionale, che raggiungeremo per osservarne tutte le peculiarità, sorpresi fin da subito dalla presenza di Tritoni e Sanguisughe nelle sue limpide acque.

Proseguiamo ancora incuriositi dal particolare ambiente che circonda il laghetto, fino a raggiungere anche il ‘Lago Nero’, così chiamato per il colore delle acque che riflettono le scure tonalità delle rocce che lo circondano.
Ci fermeremo proprio vicino alla sua riva per un breve, meritato riposo e per consumare il nostro spuntino, osservando curiosi il gran numero di tritoni che popolano le sue acque.

Le acque del Lago Piatto e del Lago Nero sono caratterizzate dalla presenza dei Tritoni alpini, che garantiscono la buona salute dell’ambiente, poiché sembra che tendano ad assorbire tramite la loro pelle, l’inquinamento presente nell’aria e nell’acqua.
Il ‘Tritone Alpino’ (Ichthyosaura alpestris) è un anfibio della famiglia dei Salamandridae, che predilige le acque calme di stagni e fiumi da 1300 a 2000m di altitudine, facilmente riconoscibile per il colore bluastro sui fianchi e le macchie giallo-arancio del ventre. La specie è al centro di particolari studi scientifici, sulla singolare capacità di poter rigenerare i propri tessuti e i loro organi.

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Rilassati dopo la piacevole sosta sui bordi del laghetto, riprendiamo il cammino, sempre scendendo lungo il vallone del ‘Sestaione’, fino a raggiungere l’ombroso bosco di abeti che ci accompagnerà di nuovo verso le auto, soddisfatti di aver esplorato un’altra zona del nostro Appennino, apprezzando le sue bellezze, le curiosità e la sua storia.

Tutte le foto scattate durante il percorso

40 immagini

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